Al Museo FRaC di Baronissi, la mostra dedicata all’artista materano Giovanni Dell’Acqua
Sabato 4 maggio 2019 alle ore 18.30 nella Galleria dei Frati del Museo-FRaC di Baronissi, in provincia di Salerno, apre al pubblico la mostra antologica dedicata all’artista materano Giovanni Dell’Acqua titolata – “Sconfinamenti Commistioni Nomadismi Accumulazioni Contaminazioni”. Curata dal critico d’arte Massimo Bignardi, l’evento è patrocinato dalla Regione Basilicata e dal Museo ARCOS di Benevento.
La Mostra presenta una selezione di cinquanta opere, tra dipinti e sculture che, dal 1975 ad oggi, tracciano l’esperienza di uno dei principali interpreti dell’Optical art in area meridionale.
Accompagna la mostra il nostro volume monografico sempre a cura di Massimo Bignardi, con un’intervista all’artista di Maria Vertulli, con apparati biografici e bibliografici, uno scritto autobiografico dell’artista e un ampio corredo illustrativo a colori e in bianco e nero.
La riflessione di Massimo Bignardi.
L’atavica questione meridionale – scrive Bignardi nel saggio che apre il volume monografico – investe gli aspetti di una “questione culturale” e, nello specifico quella dell’arte, che evidenzia la mancanza di una complessiva politica culturale nazionale e del persistere di una dismisura tra centro e periferia, che riguarda soprattutto gli intellettuali e il loro ruolo.
Il caso dell’esperienza artistica di Giovanni Dell’Acqua è uno dei tanti aspetti di tale problematica: l’energia, la forza che il nostro ha speso nell’avviare, negli anni settanta e poi consolidare negli ottanta, il suo tentativo di fare l’artista (per giunta nell’ambito di un nuovo astrattismo, fondato sulle capacità percettive e visuali) nel proprio territorio, risponde pienamente al disegno di dar vita ad un soggetto culturale che non cedesse, come auspicava Gramsci, alla “passività intellettuale”.
La sua esperienza artistica trova origine nel ponderato rapporto tra misura e dismisura, che anima il paesaggio urbano della vecchia Matera, nell’articolata architettura dell’esistenza sostenuta, visivamente, dalla trama di una geometria, leitmotiv della ‘narrazione’ propostaci, nelle pagine della monografia, dagli scatti fotografici di Michele Morelli. La sua adesione all’Optical art, già dagli anni settanta, si palesava come una ricerca attenta, fortemente proiettata verso nuovi linguaggi, senza, però, perdere il collante con la propria dimensione antropologica e, soprattutto, la propria identità esistenziale.